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copyright simon allix

Coconut, a tree of life

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    COCONUT
    a tree of life
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Coconut, a tree of life

Un film di Antonin Stahly e Simon Allix

in lavorazione

Kerala significa il paese del cocco perché questo stato del sud dell’India è un’enorme foresta di cocco. Ma come abbiamo visto ogni albero di cocco è un avo, dunque il Kerala è un’enorme foresta di antenati.

L’uomo in Kerala ha scoperto i mille usi dell’albero del cocco e come trasformare ogni sua parte in qualcosa di utile o commestibile. C’è una simbiosi che si opera quando l’uomo mangia un frutto, si applica l’olio di quel frutto sulla sua pelle, si protegge sotto un tetto fatto delle foglie dello stesso albero o ne trasforma qualsiasi parte per farne una corda, un aquilone o un attrezzo della sua vita quotidiana. Questa simbiosi è celebrata al suo culmine quando l’uomo muore, e dopo essere stato cremato, diventa nutrimento del germoglio di cocco che suo figlio pianta nella cenere del falò. Allora il suo DNA si trasforma in quello di un albero che a sua volta nutrirà la famiglia. Questo processo mostra quanto l’uomo in Kerala abbia integrato il concetto di essere uno con il tutto. Ha trasformato un dono della natura per poi restituirlo attraverso il suo proprio sacrificio. Si arrende al fatto che egli stesso è Natura, che cambia soltanto di forma.

L’uomo del Kerala che ha estratto tutto quello che poteva dal cocco, l’ha accettato come dono di Vishnu: il Kalpavriksha, l’albero dei desideri, kalpa significa forma, è l’albero di tutte le forme e dunque delle trasformazioni. Roberto Rossellini in Matri Bhumi diceva: “L’indiano ha conoscenza della natura. Egli sa bene che ne fa parte, ne conosce i segreti , le leggi, i frutti che sa trasformare.” Tutta l’industria di questo paese si svolge attorno al cocco: tappeti, corde, olio, acqua di cocco… Si vive di cocco, con il cocco e grazie al cocco. Una industria che per fare una corda richiede almeno sette passaggi, con sette persone diverse specializzate nel loro gesto e almeno due mesi da quando la noce è stata raccolta. È un industria manuale che richiede la pazienza  estrema dell’attesa del tempo della putrefazione o dell’essiccazione. Questi passaggi, studiati dalla notte dei tempi, sono tanti gesti, ritmi e anche suoni che fanno di questi uomini e donne degli esperti al punto da diventare loro stessi frutti dell’albero di cocco.

Rosselini e Pasolini, come profeti, nei loro documentari sull’India, avevano testimoniato la ricchezza dell’organicità e dell’integrità dell’azione quotidiana e del suo flusso, denunciando così un Occidente che stava dimenticando le sue tradizioni per tuffarsi in un mondo separato dalla natura. A distanza di cinquant’anni dalle riprese dei due grandi maestri, ho visto l’uomo del Kerala prendere il frutto di un cocco che chiamava “quello del nonno” per piantarlo nelle ceneri fredde del corpo di suo padre appena morto. L’uomo diventa albero durante la vita e dopo la vita. Così è in comunione con il tutto.

Il cocco vive 80 anni, come un uomo.

Foto copyright Simon Allix

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Le Tre Corde

Le Tre Corde

Concerto per esraj, violino, rebab e tre piccoli film.
di e con Antonin Stahly

Mentor: Annalisa D’Amato

Produzione: The Enthusiastics, Théâtre du Fon du Loup, Desmond Lazaro, National Gallery of Modern Art of New Dehli

Data: 2004-2014

Krishna per gli indù è il dio uomo, la rappresentazione di Vishnu sulla terra. Gesù per i cristiani è l’uomo figlio di Dio. Allah per i musulmani è rappresentato soltanto dai suoi 99 nomi. Ognuno ha trovato il suo modo di rappresentare il divino, attraverso colori, disegni, calligrafia, avendo come punto comune la geometria sacra. Gli indù cercano la perfezione, quando i musulmani dimostrano sempre l’imperfezione di una simmetria, perché la perfezione appartiene soltanto a Lui, l’Amato. Mentre un cristiano cerca la verità nell’esempio della vita di Gesù, un sufi realizza che il nome stesso della divinità contiene già il significato.
Ognuno si ritrova a un certo punto con un rosario tra le dita e ripete. Rosario, sabha, mala, tre nomi per una sola cosa, un solo scopo. 50, 99, 108 ciascuno ha fissato quante ripetizioni. Ciò che li unisce è il filo sul quale vivono le perle, la corda. Il suono.
Questo concerto è stato presentato a New Delhi, Parigi, Napoli, Douai, Les Eyzies e Carves.

Copyright © 2017 astahly

Photos ©Patrizio Esposito ©Magda Zlotowska ©Lisa Roze ©Gilles Abegg