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io non sono monica bianchi annalisa d'amato

Io Non Sono

  • io non sono monica bianchi annalisa d'amato
    io non sono monica bianchi annalisa d'amato
    IO NON SONO

IO NON SONO

di Annalisa D’Amato

con: Giordano Acquaviva, Monica Bianchi, Francesco Canavese, Francesco Forni, Julien Desroche, Julia Sarano, Antonin Stahly, Marco di Palo, Charles Ferris

Disegno luci: Cesare Accetta

Suono: Mauro Casappa

coproduzione: Giordano Bruno SRL, LAILA, Villa Romana Florenz, L’Arte della Felicità

data: 2009-2011

debutto al Festival Le Vie, Emiglia Romagna Teatro

“IO NON SONO”, scritto e diretto da Annalisa D’Amato, è una partitura contemporanea sulla ricerca del Sé, realizzata con uno sguardo poetico e ironico.
La drammaturgia – ispirata principalmente al Neti Neti di Shankara, al poema Io Non Sono di Rumi e a Un Nuovo Mondo di Tolle – intreccia musiche originali suonate dal vivo, danza, azioni e testi, dove la relazione frontale con il pubblico si gioca in una esplosione vitale di poesia e comicità.

La solitudine è illusione di separazione. Separazione dagli altri, dal fluire della vita. Ogniqualvòlta mi irrigidisco, critico, prendo una posizione altera o di superiorità, allora mi separo, e mi sento sola.
Ogniqualvòlta mi apro, vado incontro agli altri, cerco di capire come essere di aiuto, come comprendere senza giudicare, senza fare discriminazioni, e mi arrendo, ecco che arrivo a percepire chiaramente il sottofondo di unione tra tutti gli esseri, e mi sento piena di vitalità. È bene è male, è bello è brutto, io ho ragione lui ha torto, mi piace non mi piace, tutte queste forme creano separazione, tutte le categorie in cui la mente divide il mondo sono separazione. Separazione è illusione di solitudine.
Sicuramente uno dei compiti del teatro è quello di riuscire a scal re questa apparenza di solitudine, questo arroccarsi dell’ uomo in se stesso.
Lo spettacolo IO NON SONO nasce con l’intento di ripristinare un dialogo diretto con il pubblico che invitiamo ad entrare in un luogo inusuale come uno chapiteau, uno spazio a base circolare con una punta che tende verso l’alto, a sottintendere un’altra connessione fondamentale, quella fra la terra e il cielo, in cui è contenuta la natura divina dell’uomo. L’andamento dello spettacolo gioca sull’ intrecciarsi di varie espressioni come la musica, la danza, il canto, al servizio dell’ esigenza di riconnetterci con la forza della non-separazione, attraverso la ricerca dell’ Uno. Da quella posizione la solitudine svela allora la sua natura fondamentale rivelandosi come la più alta chance dell’uomo di contattare le radici profonde del suo essere. “Ho lasciato la dualità e visto i due mondi come uno. Uno io cerco, uno conosco. Uno io vedo, uno chiamo.” Rumi
Credo che un potente antidoto alla paura e al malessere contemporaneo sia l’ ENTUSIASMO. Esso rappresenta il senso di ducia e di gioia con il quale lavoriamo e con il quale desideriamo accogliere gli spettatori in un impeto di gratitudine verso la vita.
Siamo eri di partecipare a questa edizione dell’ Arte della Felicità che riconosciamo come una delle poche realtà culturali italiane veramente centrate sul presente e sulle reali esigenze e domande dell’uomo di questi tempi.

Annalisa D’Amato, 2009

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luisa pasello, emanuele valenti, annalisa d'amato, gombrowicz

Agnus Dei

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    AGNUS DEI
    memorie dei tempi dell'immaturità

AGNUS DEI

Memorie dei tempi dell’immaturità

di Annalisa D’Amato

liberamente ispirato a Ferdydurke di W. Gombrowicz

Con: Luisa Pasello, Claudia Dulitchi, Giordano Acquaviva, Emanuele Valenti, Matilde Politi, Francois Tizon, Luca Bollero

Luci e Allestimenti: Giordano Acquaviva

Coproduzione: Fondazione Pontedera Teatro e Compagnia Acquaviva

Data: 2000

“Mi interessa l’immaturità che sprigiona nell’uomo ogni cultura che non è sufficientemente assimilata, digerita e organica al punto giusto. (…) Il mio è il lamento di un individuo che si difende dalla dissoluzione, che reclama spasmodicamente una gerarchia e una forma, e allo stesso tempo si rende conto che qualsiasi forma lo sminuisce e lo limita: si difende dall’imperfezione altrui, perfettamente cosciente della propria.” W. Gombrowicz

Premio Lo Straniero 

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Io sono il Passante

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    IO SONO IL PASSANTE

IO SONO IL PASSANTE

di Annalisa D’Amato

Brani e frammenti dall’opera di Arthur Rimbaud tradotti da Mario Biagini.

Coproduzione : Fondazione Pontedera Teatro, Diego Armando Maradona Montesanto – Zonne Illuminate Autogestite (Napoli),  Album Zutique

Data : 2002-2003

Con: Monica Bianchi, Arsenio D’Amato, Annalisa D’Amato, Francesco Forni, Savino Paparella, Matilde Politi, Zvi Tal, Emanuele Valenti

Collaborazione artistica: Giordano Acquaviva

“Una scena da abitare. Una stanza ricoperta per intero di tappeti orientali, condivisa con gli spettatori che stanno lungo un lato. Piena di oggetti familiari, un letto di ferro battuto sul fondo, una vecchia poltrona sotto una lampada da lettura. E poi bottiglie di birra a terra, vuote, a dirci di un tempo già passato, di altre esperienze vitali non condivise. Potremmo immaginare di essere nella casa di Rimbaud in Africa, quando il giovane transfuga della poesia si fece mercante d’armi. Ma le luci che pendono a festoni e le musiche che invadono lo spazio ci parlano anche di una festa, che è il qui e ora del teatro. È prima di tutto un luogo e una nostalgia Io sono il passante creato da Annalisa D’Amato con il gruppo Album Zutique, attori e danzatori e musicisti di diverse provenienze. Uno alla volta gli interpreti si fanno avanti, come per presentarsi.
Ciascuno porta le proprie abilità o la maschera di un’identità che fittizia, protetta occhiali scuri e minigonna o gesti da cowboy. Un brano cantato alla chitarra, un breve monologo, una danza con la fisarmonica ormai consumata in altre stagioni teatrali. Le seduzioni di un eros fugace. Una ingombrante presenza paterna, per nulla appartata su quella poltrona. Lasciando che siano le parole di Una stagione all’inferno e delle Illuminazioni a dirci per frammenti quel sentimento sospeso fra il bisogno di essere al presente, “assolutamente moderni”, e i richiami di una vita per una parte già compiuta, di chi sta sulla linea d’ombra della giovinezza. La felicità è il mio verme, annotava Rimbaud.”
Gianni Manzella, il manifesto, 16 marzo 2003

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Photos ©Patrizio Esposito ©Magda Zlotowska ©Lisa Roze ©Gilles Abegg